Dadamaino

Milano, 2 ottobre 1930 – Milano, 13 aprile 2004
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Laureatasi in Farmacia, scoprì tardi la sua vocazione per l’arte. Verso la fine degli anni cinquanta si affiancò ai giovani artisti che seguivano Lucio Fontana, l’avanguardia artistica del dopoguerra a Milano. Erano soliti usare il Bar Jamaica come luogo di ritrovo: tra di loro, Piero Manzoni, Gianni Colombo, Enrico Castellani, Agostino Bonalumi, Turi Simeti, Nanda Vigo.

Dadamaino aderì subito al progetto di Azimuth, fondato da Manzoni e al movimento Zero di Heinz Mack, Otto Piene e Gunter Uecker. Elaborando la propria personale poetica ispirata al ribaltamento dei concetti della produzione seriale, tipica della produzione industriale dei beni di consumo, espose in Olanda, Belgio, Inghilterra, Germania, Francia, Spagna, Svizzera, ottenendo all’estero più riconoscimenti che in Italia.

Con Getulio Alviani, Bruno Munari ed Enzo Mari fu tra i fondatori di Nuova tendenza, partecipando poi a numerose rassegne internazionali. Le sue ricerche si svilupparono nella composizione di un alfabeto visivo di sedici segni, da lei chiamato alfabeto della mente.

Femminista e militante nei movimenti di contestazione emersi nel 1968, Insieme a Luciano Fabro, Jole De Sanna e Hidetoshi Nagasawa sostenne il progetto della Casa degli artisti di Milano, partecipando alle sue manifestazioni per l’arte. Fu invitata due volte a mostrare le proprie ricerche con due sale personali alla Biennale di Venezia dove espose nel 1980 I fatti della vita e nel 1990 Il movimento delle cose.